Lavoratori campani controcorrente

Documento Lavoratori Banchi Nuovi

Non tutto il mondo del lavoro sindacalizzato si è chinato supino all’arroganza di uno stato che colpevolizza e reprime la sua popolazione, sottraendole sempre maggiori diritti, comprimendo libertà fondamentali. I lavoratori della manutenzione stradale della Campania – Banchi Nuovi di Napoli da tempo hanno manifestato la loro contrarietà all’apatia di un sindacato che non sa più riconoscere la gravità dei provvedimenti adottati dal governo (lockdown, green pass).
Un sindacato, il loro (SiCobas) che, come quasi tutti gli altri (siano confederali o di base), è sempre più parte degli ingranaggi di questa macchina infernale.
Ed è forte la motivazione che muove la loro critica radicale: “Ci concentreremo pertanto sulla gestione della pandemia, non perché riteniamo irrilevanti le altre questioni che attengono lo scontro di classe, ma perché pensiamo che su tale tema sono emerse posizioni molto preoccupanti da parte del sindacato che possono mettere in discussione la propria collocazione nel campo dell’opposizione antagonista al capitalismo“.
Ed hanno altresì molto chiaro come si va delineando il futuro “in cui il diritto a lavorare, ad avere agibilità politica e sindacale, e persino per potere avere relazioni sociali degne di questo nome, (in breve per vivere) sarà concesso solo a chi si sottometterà docilmente ai voleri dello stato e delle sue istituzioni, a chi ne accetterà il controllo rinunciando alla propria libertà

Per una discussione franca e militante in tema di gestione autoritaria della pandemia
dai Lavoratori della manutenzione stradale della Campania – Banchi Nuovi
15 dicembre 2021
Come compagni di Banchi Nuovi abbiamo segnalato in più di un’occasione che la posizione sostenuta dal Si Cobas in relazione alla pandemia ci crea parecchio disagio e ci vede fortemente dissenzienti. Vorremmo approfittare di questa occasione per cercare di aprire un confronto su tale tematica per la centralità che essa riveste nello scontro tra le classi, non solo a scala nazionale, motivare il nostro dissenso dalla linea assunta dal sindacato su questa vicenda e socializzare il nostro punto di vista. Ci concentreremo pertanto sulla gestione della pandemia, non perché riteniamo irrilevanti le altre questioni che attengono lo scontro di classe, ma perché pensiamo che su tale tema sono emerse posizioni molto preoccupanti da parte del sindacato che possono mettere in discussione la propria collocazione nel campo dell’opposizione antagonista al capitalismo.

Una narrazione tossica e soluzioni sanitarie criminali.
Fin dall’inizio si è accettata la narrazione dominante secondo cui il Virus Sars Covid 2 rappresentava un pericolo paragonabile a quello di altre epidemie dei secoli scorsi. In realtà si tratta di un’epidemia influenzale con caratteristiche particolari, che se affrontata tempestivamente non produce contagiosità, mortalità e letalità molto diversi da quelli delle classiche influenze annuali orami endemiche. Trattandosi di un nuovo virus, ancora non adattatosi all’organismo umano presenta, nella sua fase inziale, una particolare virulenza. La stragrande maggioranza dei contagiati però sono asintomatici o con sintomi lievi, nel restante dei contagiati la malattia può avere un decorso anche grave con conseguenze polmonari e cardio-vascolari che possono portare ad esiti letali, soprattutto le persone molto anziane e/o con diverse patologie pregresse, in assenza di terapie adeguate e tempestive. Se in alcuni paesi, come l’Italia si sono raggiunte percentuali maggiori di morti e di decorsi gravi della malattia ciò è dipeso dalla sciagurata strategia seguita dai governi che si sono succeduti fondata sul protocollo della somministrazione di paracetamolo (tachipirina) e della
vigile attesa. Strategia sbagliata per entrambe le soluzioni previste, innanzitutto poiché la tachipirina favorisce in chi è contagiato la creazione di trombi polmonari aggravando le conseguenze prodotte dal virus e poi perché il contagio, in chi è sintomatico, avviene in genere in forma molto lieve all’inizio, per aggravarsi pericolosamente nelle settimane successive, quando diventa più complicato intervenire efficacemente con i farmaci disponibili. Il protocollo imposto dalle istituzioni insieme alla paura ed il terrore seminato nella prima fase della pandemia hanno provocato una crescita esponenziale dei ricoveri portando al collasso le strutture ospedaliere già in grave affanno per i tagli subiti dalla sanità negli scorsi anni. Se non bastasse questo per i malati che giungevano in condizioni gravi in ospedale si è proceduto per tanti mesi con il protocollo della intubazione ed ossigenazione forzata che a sua volta rafforzava i fenomeni di trombosi, causa di tanti morti per Covid. A ciò vanno aggiunti tutti i morti provocati dalla sciagurata prassi, assai diffusa ad inizio pandemia, di collocare molti malati contagiati nelle RSA dove risiedevano tanti anziani (cioè la popolazione più a rischio di conseguenze pericolose per contagio). Intanto si sparava ad alzo zero contro i tanti medici che, utilizzando farmaci da prontuario, curavano i propri pazienti intervenendo tempestivamente presso i loro domicili ed evitando ricoveri e morti maggiori.
Tutti questi morti, e sono la stragrande maggioranza, non hanno niente a che vedere con la diffusione del virus ma con la criminale strategia di contrasto messa in atto dal governo e dai suoi “scienziati” esperti. Si è trattato di una vera e propria strage di stato di cui nessuno renderà mai conto, realizzata proprio in nome della difesa dei cittadini. Già su questo aspetto le nostre perplessità hanno cominciato a manifestarsi poiché invece di denunciare le esagerazioni in corso e le responsabilità istituzionali per la quantità di morti, si è messo l’accento sulla presunta gravità della pandemia, restando vittima del clima di isteria e di preoccupazione che veniva alimentato artatamente dal potere.

Una svolta autoritaria in nome della tutela della salute dei cittadini.
La campagna allarmistica e terroristica scatenata dal governo, dai mass media e dagli “scienziati” di regime, aveva lo scopo di legittimare e far accettare in maniera indolore l’instaurazione dello stato di emergenza che dava mano libera a governo ed istituzioni di realizzare una serie di misure da vero e proprio stato di eccezione. I vari immotivati lockdown succedutesi con il confinamento in casa della stragrande maggioranza della popolazione, il divieto di circolazione e di socializzazione, salvo che per andare a lavorare, l’obbligo di usare la mascherina anche in situazioni di impossibilità di contagio, sono stati possibili solo attraverso la diffusione di ansia e paura dispensata a piene mani tra la popolazione. Anche in questo caso, nonostante siamo arrivati al terzo stato di emergenza con la dichiarata intenzione di volerlo reiterare, benché fosse sempre più evidente che si stavano creando le condizioni per un’ulteriore militarizzazione della società attraverso la presenza di polizie ed esercito nella normale vita quotidiana, non abbiamo letto una sola riga di denuncia di quanto stava accadendo. Nemmeno di come tutto ciò non avesse nulla a che vedere con l’esigenza di tenere sotto controllo la pandemia, ma solo quello di imporre all’intera popolazione misure restrittive dell’agibilità politica, sindacale e di socialità che mai si sarebbero sognati di poter imporre in condizioni normali e senza diffondere artatamente angosce e paure collettive. Viceversa in più occasioni le critiche rivolte dal sindacato al governo si concentravano sulle inconseguenze emerse nel garantire la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori, che, lasciate nel generico lasciavano spazio ad intendere che si sarebbe auspicato misure ancora più restrittive.
Ma, se il comportamento delle istituzioni nella prima fase di diffusione dell’epidemia poteva essere addebitato anche al panico, all’inesperienza e all’incompetenza, con il passare dei mesi è diventato sempre più evidente che era in atto un disegno politico perseguito con determinazione nel quale l’Italia giocava un ruolo di battistrada rispetto agli altri paesi soprattutto delle potenze occidentali.

Si è cominciato ad invocare la creazione di nuovi vaccini indicati come unica soluzione possibile e salvifica per contrastare l’epidemia in atto, nel mentre si continuava ad agire con i precedenti protocolli, tanto domiciliari che ospedalieri, rivelatisi del tutto fallimentari e dannosi. Una volta che questi sono stati resi disponibili, si è passati all’introduzione del green pass imposto con la scusa ancora una volta di prevenire la diffusione del contagio e quale soluzione di persuasione soft alla vaccinazione. In realtà esso diventava un mezzo per fare un balzo incredibile nel controllo delle persone e trasformarlo in strumento per l’accesso discrezionale a quelli che dovrebbero essere diritti fondamentali anche da un punto di vista borghese.

Quello che sembrato mancare dalle varie prese di posizioni del sindacato (e, a distanza di due anni è particolarmente grave) è proprio il quadro generale della gestione pandemica da parte capitalistica e governativa. Si è trattato di un grandioso esperimento di disciplinamento e controllo sociale, per imporre una torsione autoritaria delle istituzioni e del potere politico. Una tendenza già in atto da diversi anni, ma che con la gestione pandemica ha subito un’accelerazione eccezionale ed inaudita. Non si vede come le trasformazioni imposte sull’onda della campagna emozionale scatenata dai mass media e dal governo, non siano misure provvisorie, dovute ad una situazione eccezionale (ripetiamo, artatamente esagerata), ma disegnano la realtà con cui dovremo confrontarci nel prossimo futuro e da cui non si intende più retrocedere. A nostro avviso ritenere questo aspetto marginale, oppure considerarlo come qualcosa di eccezionale appunto e a parte rispetto alla ripresa dell’offensiva antiproletaria messa in atto da padroni e governo rappresenta un vero caso di sottovalutazione e di miopia politica.

Come si fa a non vedere e a non denunciare tutta la gestione autoritaria della pandemia, come propedeutica e condizione preliminare per blindare l’intera società, per creare una nuova cornice istituzionale e da unità nazionale, in nome della difesa del bene collettivo della salute, proprio per spostare ulteriormente i rapporti di forza a favore del grande capitale nazionale ed internazionale? Se si tratta di una sottovalutazione è politicamente grave, se invece si sceglie di vederla come un “male necessario” lo è ancora di più. Nell’epoca del dominio totale del capitale, sembra venir riproposta una visione del rapporto capitale lavoro, a dir poco datata e parziale, incapace di cogliere il tentativo di estendere il dominio a tutti gli aspetti della vita sociale ed entrare a dettare persino i comportamenti umani e personali.

Una strategia che ha come obiettivo di rafforzare brutalmente ed ulteriormente lo sfruttamento sui posti di lavoro, ma anche di funzionalizzare all’accumulazione capitalistica tutti gli aspetti della riproduzione sociale. Sono proprio le contraddizioni esplosive economiche politiche e sociali del capitalismo a spingere verso un dispotismo in cui non ci sono assolutamente margini per una soluzione welfaristica, come sognano con gli occhi rivolti al passato anche tanti antagonisti, e nemmeno per una liberista, come com’è stato nei decenni recenti. La gestione della pandemia è servita proprio a creare le condizioni affinché tale gestione autoritaria passasse in maniera indolore o addirittura con il consenso di chi ne è la vittima predestinata, ma anche nel silenzio (solo distratto?) di chi si propone come alternativo alle relazioni sociali dominanti.

Quello cui abbiamo assistito invece è stata la passiva accettazione della narrazione dominante anche in tema di nuovi vaccini che si pretende di inoculare all’intera popolazione mondiale, con un’esaltazione acritica della scienza in generale e di quella medica in particolare.

Vaccini per tutti e obbligatori come unica soluzione salvifica.
Nessun dubbio è stato sollevato dal fatto che i cosiddetti nuovi vaccini anti Covid nella maggior parte dei casi non sono dei veri vaccini (poiché questi sono definiti tali in quanto contengono una componente del patogeno depotenziata, diversamente dai farmaci che si vogliono imporre) e che essi per la prima volta vanno ad interagire a livello di massa con il materiale genico di chi lo assume. Dei farmaci che non hanno potuto essere testati, come avviene con tutti i medicinali, per poterne valutare non solo la reale efficacia, ma soprattutto gli effetti collaterali. Essi infatti sono stati verificati con simulazioni al computer ed in laboratorio, mentre la sperimentazione vera e propria sarà fatta attraverso la loro inoculazione di massa. Nel frattempo sulle migliaia di casi di patologie, anche letali, manifestatesi dopo la vaccinazione è scesa una cappa di piombo di cui non si può parlare per non vanificare la narrazione del vaccino magico. Quando si è costretti a citare qualche clamoroso caso, si precisa immediatamente che non c’è relazione di causa effetto tra vaccino ed insorgere di disturbi anche gravi. Così, mentre nella fase pre vaccino ogni morto che risultasse positivo al virus veniva conteggiato tra i decessi per Covid, con il vaccino succede l’esatto contrario. Intanto, giusto per far comprendere cosa stava veramente a cuore allo stato in questa campagna, si è affidata la gestione della vaccinazione ad un generale, Figliuolo, distintosi per il comando delle missioni in Afghanistan ed in Kosovo, con tutto l’apparato militare e poliziesco a suo supporto, ed anche questo ci pare è stato considerato un dato irrilevante contro cui non valeva la pena spendere nemmeno una parola di denuncia.

Tutto il clamore sollevato circa gli alti tassi di mortalità e di letalità del virus, la rinuncia ad applicare cure precoci per poter curare a domicilio gli ammalati, evitando ospedalizzazioni di massa, così come il nascondere che i vaccini sono farmaci sperimentali, è servito a giustificare la necessità di una vaccinazione pressoché totale della popolazione, presentandola come unica soluzione praticabile per affrontare la pandemia.

Nonostante ci fossero un numero crescente di scienziati, specialisti e medici in grado di curare tranquillamente i propri pazienti a casa, che esprimevano riserve e critiche crescenti tanto alla gestione della pandemia quanto la politica della vaccinazione di massa (puntualmente denigrati e sbeffeggiati dalla stampa asservita al potere), si è continuato da parte del sindacato ad esprimere un’accecata fiducia nel vaccino e nella sua massima diffusione. Fino al punto di criticare il governo ed i cosiddetti poteri forti, di limitarne la diffusione ai soli paesi occidentali ed invocarne la somministrazione alla popolazione di tutto il pianeta, dimostrando così un malinteso senso di internazionalismo e la subordinazione ideologica alla propaganda mainstream. Eppure se si vanno a guardare le statistiche, non quelle dei complottisti, ma dell’OMS si scopre che c’è una relazione inversa tra casi di contagio e diffusione di vaccini. Sappiamo che in questi casi ci si appiglia all’argomento della scarsa diffusione dei tamponi nei paesi dove si rilevano scarsi contagi, ma il fatto è che anche i decessi per Covid sono molto inferiori nei paesi in cui ci sono meno vaccinati. Addirittura con l’ultima variante del virus, che fino ad ora non ha ucciso una sola persona, si continuano lanciare grida di allarme e si spinge la vaccinazione di massa sempre oltre, fino ad arrivare ai bambini dai 5 anni in su (per ora).

Lasciapassare obbligatorio: un dispositivo per il controllo ed il disciplinamento sociale
Particolarmente gravi poi sono le ambiguità ed i contorcimenti di posizione sulla vicenda del lasciapassare obbligatorio, che è la misura principe di questo esperimento di disciplinamento e di controllo sociale, e che diventerà la prassi, sotto diverse spoglie e con nuove e cangianti motivazioni, nel futuro che ci aspetta se non sapremo respingere al mittente questo odioso provvedimento.

Oggi lo Stato attraverso la gestione autoritaria della pandemia ed il green pass sta facendo un ulteriore salto in avanti nella sua espressione del dominio capitalistico, sta gonfiando enormemente la propria presenza nella vita dei cittadini, addirittura intervenendo sulla libertà di circolazione delle persone nei loro stessi luoghi di residenza o richiedendo un certificato per poter accedere a svariate attività normali, ludiche o lavorative, che in precedenza nessun regime aveva mai osato negare alla popolazione. Lo Stato ha dimostrato nell’ultimo anno e mezzo di poter fare e disfare, vietare e consentire, punire e perdonare ogni cittadino secondo il proprio arbitrio. Chiudere in casa l’intera popolazione, controllarne potenzialmente ogni passo della vita privata, imporgli il coprifuoco, vietargli di assembrarsi o imponendo il distanziamento di un metro, lo Stato sta cercando di dimostrare di poter imporre qualunque cosa alla propria popolazione, compresi i peggiori sacrifici. Si delinea così una situazione in cui il diritto a lavorare, ad avere agibilità politica e sindacale, e persino per potere avere relazioni sociali degne di questo nome, (in breve per vivere) sarà concesso solo a chi si sottometterà docilmente ai voleri dello stato e delle sue istituzioni, a chi ne accetterà il controllo rinunciando alla propria libertà.

Nonostante sia evidente che il green pass nulla ha a che vedere con la tutela della salute pubblica, (ammesso e non concesso che si possa accreditare questo o altri governi borghesi di avere tale obiettivo), si continua impunemente a sostenerne la necessità e l’utilità. Sono gli stessi “scienziati” di cui tanto ci si fida, ad ammettere che anche i vaccinati possono contagiarsi ed essere contagiosi a loro volta, per cui si corre il rischio che chi è stato costretto a fare il tampone per certificare la propria non contagiosità, possa essere infettato da un vaccinato inconsapevole di essere nuovamente contagioso. Nemmeno le palesi e strumentali misure di utilizzo di questo certificato sono servite a far sorgere qualche dubbio sulla sua vera funzione. Le esplicite dichiarazioni di ministri, rappresentanti politici ed “esperti” (a cui ci si prostra acriticamente), circa l’utilizzo dell’obbligo del green pass quale strumento per costringere tutti alla vaccinazione non hanno prodotto qualche dichiarazione d’indignazione e di protesta. Del resto, vista la decantata utilità dei vaccini (dimenticavamo con la postilla che essi “non bastano”), dobbiamo ritenere che il sindacato ne condivida la finalità. Ed infatti qualche velata e contorta critica letta nei mesi scorsi, parlava della necessità di “convincere” con le buone i lavoratori e la popolazione tutta, circa la necessità di vaccinarsi……. Tanto è vero che fino a quando il lasciapassare non è diventato obbligatorio anche sui luoghi di lavoro non si è scritto nulla per denunciare la natura di controllo sociale e di costrizione rappresentato da questo strumento (in verità nemmeno ora). Al massimo si parla di uso strumentale per nascondere le responsabilità del governo.

Dal che si deduce che quando, tirati per la giacca da una parte dei lavoratori iscritti al sindacalo, ci si è pronunciati contro il green pass, questo era solo un modo anguillesco per sfuggire alle proprie contraddizioni e per richiedere i tamponi (sia pure gratuiti) per tutti, ovvero la generalizzazione e l’accettazione del green pass. Ci sarebbe da ridere se la situazione non fosse tragica. Alla faccia del dichiarato “No al Green pass”. Da nessuna parte abbiamo trovato scritto che si richiedeva il ritiro puro e semplice dell’obbligo del lasciapassare, così come non abbiamo mai trovato una presa di posizione contro la costrizione a vaccinarsi. Cosa che evidentemente non ha nulla a che vedere con il giudizio che ci si è formati sull’utilità del vaccino, poiché questa è una misura di costrizione verso chi legittimamente nutre più di un ragionevole dubbio sulla sua efficacia e sulla sua bontà e non centra un bel nulla con il presunto egoismo individuale con il quale ci si è espressi su tale atteggiamento.

In ultimo vogliamo evidenziare che dall’impostazione emersa in più occasioni sulla vicenda green pass traspare una concezione dei lavoratori che, in bocca a dei soggetti definitisi anticapitalisti, risulta del tutto aberrante. Ci riferiamo al fatto che la richiesta del green pass gratuito (e non la sua abolizione) venga proposta solo per andare a lavorare (ancora una volta non è una nostra deduzione visto che non si citano mai ad esempio gli studenti tra coloro a cui andrebbe concesso il tampone gratuito, o altre categorie sociali, come disoccupati, partite Iva, cococo, immigrati con e senza permesso di soggiorno e via dicendo). Sembrerebbe che si sia introiettata la visione borghese del lavoratore, considerato utile e necessario solo perché serve a produrre ricchezza sociale, o meglio profitti, valore che si valorizza ulteriormente. Un semplice ingranaggio di quel mostruoso meccanismo produttivo in cui vengono quotidianamente sfruttati e spremuti allo spasimo in nome del bene dell’economia nazionale. Che i proletari possano avere anche una vita fatta di socialità, di interessi e pratiche condivise extra lavorative, di voglia di divertirsi, di fare sport, di frequentare luoghi della cultura, e che l’obbligo del green pass sia in questi casi altrettanto odioso, non passa loro nemmeno per la mente. Forse siamo stati troppo benevoli presumendo una concezione vetero della lotta di classe. Se ricordiamo bene sulle bandiere e i manifesti degli albori del movimento operaio c’era scritto 8 ore per lavorare, 8 ore per riposare e 8 ore per la socialità e la cura di se stessi. Ma forse, visto il livore espresso contro chi si oppone all’obbligo del green pass e alla vaccinazione di fatto obbligatoria, anche i lavoratori che dovessero avere queste aspirazioni di una vita sociale fuori da quella alienante imposta dal produttivismo capitalistico imperante, sono da considerare dei devianti influenzati dai piccolo borghesi, complottisti e negazionisti, che riempiono le piazze.

A proposito delle piazze contro la gestione autoritaria della pandemia
Rimane ancora il giudizio ed il comportamento tenuto nei confronti delle piazze che da mesi animano le principali città italiane, ma in realtà di tutto il mondo, contro la gestione autoritaria della pandemia. Contro di esse e contro chi vi partecipa abbiamo letto da parte del sindacato solo livorose palate di merda e di disprezzo, senza averle mai frequentate e senza sapere di cosa si sta parlando, ripetendo ancora una volta pappagallescamente gli epiteti della stampa padronale e governativa. Noi, avendo condiviso e promosso le suddette mobilitazioni, abbiamo constatato che esse sono partecipate da proletari e lavoratori perfettamente consapevoli della sfida in atto e non solo da trinariciuti complottisti e negazionisti o dalla piccola borghesia.

Invece abbiamo dovuto leggere dichiarazioni inaccettabili da parte del sindacato anche quando a denti stretti si è dovuto riconoscere che protagonisti della piazza erano proletari e lavoratori, come a Trieste e Genova, oppure a Milano e Torino, in cui si affermava che la rivendicazione del ritiro del green pass e il rifiuto della vaccinazione obbligatoria sostenuta in quelle mobilitazioni era dovuto ad un momento di sbandamento dei suddetti proletari e alla nefasta influenza dei no vax.

Per conoscenza diretta di queste piazze possiamo affermare che, tranne a Roma, i fascisti di tutte le
tendenze sono praticamente assenti o del tutto marginali. Certo, prevale in esse un sentimento genericamente sovranista e cittadinista, ma pensiamo che ciò sia praticamente inevitabile nella fase iniziale di un movimento nato nel deserto più totale di ogni tradizione del movimento operaio organizzato e nella latitanza, quando non nell’aperta ostilità, di tutte le forze sindacali e politiche della sinistra antagonista. Del resto non ci pare che nei luoghi di lavoro e persino nelle sempre più rare mobilitazioni di lotta prevalgano sentimenti diversi. Noi avevamo imparato che non è importante cosa pensa nella sua testa ogni singolo proletario che si mette in movimento ma quello che sarà costretto a fare dal momento che voglia reagire con determinazione e con il proprio protagonismo contro una palese ingiustizia e contro l’oppressione ritenuta intollerabile.

Se avessero frequentato quelle piazze i compagni si sarebbero resi conto non solo che la stragrande maggioranza è composta da lavoratori e proletari, ma che essi non si battono per convincere gli altri a non vaccinarsi (anche perché molti di essi sono pure vaccinati). Semplicemente si protesta contro la costrizione a vaccinarsi e l’obbligo del green pass, perché queste vengono percepite giustamente come misure dispotiche che nulla hanno a che vedere con la prevenzione della pandemia. Esse sono finalizzate ad estendere il disciplinamento sociale e politico, cosa che dovrebbe essere oltremodo chiara anche ai ciechi ora che siamo arrivati al 90% di inoculati e continuano a crescere i contagi nel mentre si viaggia già verso la quarta dose ed il richiamo (obbligatorio) annuale, ed intanto si inaugura il super green pass, con misure ancora più carognesche e vessatorie.

Inoltre ci piacerebbe capire da quando vale il criterio che chi si ribella alle conseguenze di un sopruso e ad un attacco del governo teso ad affermare gli interessi del grande capitale non vada sostenuto, sia pure appartenendo alla piccola borghesia impoverita. Del perché i lavoratori coscienti non dovrebbero mettersene alla testa puntando a rafforzare la loro ostilità contro governo e istituzioni e spingendoli verso un’opposizione nettamente anticapitalista, unica strada per reagire in maniera efficace alla loro crescente proletarizzazione, cui mira la strategia del governo.

Ma anche ammesso, e non concesso, che quelle piazze siano sospette ed infrequentabili, cosa ha impedito al sindacato o a tutta la cosiddetta sinistra alternativa di promuovere delle proprie mobilitazioni che vedessero al centro queste tematiche, oppure perché esse sono state completamente assenti dai propri cortei in cui si manifestava contro la politica del governo.

Le poche iniziative di cui ci è giunta notizia sono state quelle prese da singole sezioni sindacali di fabbrica promosse in autonomia, e nella maggior parte dei casi si limitavano a chiedere che fosse concesso la gratuità del tampone e non per il ritiro dell’obbligo del green pass, meno ancora ovviamente dell’obbligo vaccinale.

La conferma di tale attitudine l’abbiamo avuta nel corso della manifestazione contro la repressione del 13 novembre a Napoli, a cui ovviamente abbiamo partecipato. Nonostante avessimo portato in piazza un volantino in cui esprimevamo la solidarietà con i disoccupati e gli altri lavoratori per la repressione subita e ci limitavamo a sottolineare l’importanza rappresentata dalla gestione autoritaria della pandemia, il nostro spezzone di lavoratori è stato trattato con ostilità e costretto a mettersi alla coda del corteo poiché ci è stato spiegato che le nostre parole d’ordine non erano condivise dal sindacato cui apparteniamo. Eppure sul nostro striscione c’era scritto: Contro al svolta autoritaria di padroni e governo; No al green pass, No all’obbligo vaccinale. Come si vede la deduzione che il nostro dissenso non è solo né tanto il giudizio che si dà sul vaccino, ma sulla sua obbligatorietà e la necessità di contrastarla insieme all’imposizione del green pass.

Siccome noi intendiamo continuare ad impegnarci in prima fila su queste parole d’ordine e a frequentare le piazze che si muovono coerentemente su questi obiettivi ci pare necessario capire se tali posizioni hanno diritto di cittadinanza nelle fila del nostro sindacato e se si ha intenzione di confrontarsi seriamente su tali temi senza ricorrere a facili e liquidatorie etichettature.

pubblicato mercoledì 15 dicembre 2021 su FB da Movimento di lotta per il lavoro – Banchi Nuovi.