storia 6: Giovanni

4 febbraio 2024
LA COMODA E LA MERDA
racconto tragicomico di un ricovero al tempo del covid.

Quinto piano , medicina generale trasformata per l’emergenza in reparto COVID , paziente 52/A .
Sono appena arrivato al mio letto nella stanzetta del reparto dopo una lunga giornata di delirio al pronto soccorso COVID .
Sono solo, mi viene da pensare “finalmente”, nella piccola stanza ci sono due letti soltanto ma al momento l’altro è vuoto.
In realtà non sono solo ma sono isolato, non posso vedere nessuno dei miei , arrivano a me solo infermieri e medici in scafandro di cui vedo solo gli occhi dietro alla visiera di plexiglass .
Non posso muovermi liberamente nella stanza .
Ma in questo momento non voglio pensare a questo , voglio finalmente godermi questa solitudine.
Sono stanco, sfinito, sto male eppure sono anche fortemente incazzato. Mi hanno detto che ho la polmonite da Sars Cov 2 bilaterale molto estesa con evidenti sintomi di tosse secca persistente , difficoltà respiratoria , febbre, c’è una certa pericolosità di aggravamento con sofferenza generale per scarsa ossigenazione del sangue.
Ma non è questo che mi disturba.
La giornata è stata durissima, è iniziata con una assurda corsa con l’ambulanza a sirene spiegate da casa all’ospedale, al pronto soccorso covid, seguita dal languire per ore ed ore in un corridoio senza che nessuno mi rivolgesse parola.
Ho avuto tutto il tempo per rimuginare sullo strano impatto che ho avuto con la fabbrica della cura.
Già durante il tragitto in ambulanza il personale a bordo mi aveva fatto la fatidica domanda: Perchè non ti sei vaccinato? Alla mia risposta un po’ elusiva è seguito un lungo silenzio e poi mi sono sentito dire :“ io mi sono vaccinato ma non mi è spuntata la coda”.
Subito dopo, appena entrati nel corridoio ho assistito ad uno scambio fra chi mi accompagnava nella barella e il personale dell’accoglienza, uno scambio sul mio conto come se non esistessi :
“ questo qua non si è vaccinato……aveva paura che gli facesse male….” , detta con un tono a presa di culo, la risposta con un ghigno sulla faccia: “ adesso vedrai come gli viene la paura, quella vera” .
Sul foglio di ricovero prima e successivamente sulla cartella che mi accompagnava e che a turno le varie persone leggevano, mi guardavano scuotendo la testa e se ne andavano c’era scritto in bella evidenza, sulla prima riga “ PAZIENTE NON VACCINATO” . Il marchio di infamia.
Per questo mi hanno preso per il culo, mi hanno trattato come fossi un deficente, un credulone irresponsabile che alla fine vigliaccamente era arrivato ad implorare le loro cure .
Ma la cosa che più mi ha fatto imbestialire, è stata che hanno cercato con ogni mezzo di mettermi paura, la paura che il mio irresponsabile gesto di rinunciare al vaccino nonostante gli sforzi per metterlo a nostra disposizione avrebbe portato conseguenza catastrofiche .
Quando entri dentro la fabbrica della cura ti accadono tre cose: ti mettono un braccialetto al polso con su il tuo nome, un numero di serie e il codice a barre, non si sa mai……poi ti mettono un ago nella vena su un braccio, un veloce e comodo accesso alla tua circolazione per iniettare quello di cui potresti aver bisogno, sempre non si sa mai…… ultima cosa, che rientra sempre nel “non si sa mai”, il colloquio con l’anestesista sulle tue eventuali allergie. Nel mio caso, come conseguenza del marchio di infamia l’anestesista è andato molto oltre: prima di nuovo la domanda sul perché non mi ero vaccinato e subito dopo ci ha tenuto a specificare che c’era la seria possibilità di un aggravamento dei parametri o anche solo un non miglioramento e che questa avrebbe comportato l’intubamento. E con l’intubamento la cosa prende una piega altamente imprevedibile con la facilità di un esito drammatico. Testuali parole sue accompagnate dal gesto con la manina : da intubati facilmente si esce orizzontali dall’ospedale, indicandomela come conseguenza del mio comportamento irresponsabile. Mi domando quale risentimento e quale frustrazione possa indurre un medico a cercare di impaurire “ a morte” un suo paziente .
Ma non era questa la storia che volevo raccontarvi…. È che mi brucia ancora ……..
Sono , nella mia stanzetta isolato e posso stare nel letto o al massimo alzarmi in piedi e sedermi nella poltrona al suo fianco .
Il raggio di azione è determinato dalla lunghezza del tubo che porta l’ossigeno alla maschera che ho sulla faccia ed è lungo circa un paio di metri. Il tubo parte dal supporto che sta sopra la testata del letto ed eroga l’ossigeno attraverso un gorgogliatore che lo umidifica costantemente , giorno e notte , 24 ore su24 .
Il bagno è nella stanza ma è irraggiungibile .
La mia mente va subito a come posso soddisfare i miei bisogni primari : mangiare ed espellere i miei rifiuti corporei.
Il cibo me lo porteranno, per pisciare ho a disposizione un recipiente di plastica che imparo subito ad usare e che vengono a ritirare costantemente anche senza chiamare ma , è evidente , il problema si pone con il bisogno di cacare . Come ? Dove ?
Dopo pochi giorni è diventato inevitabile affrontare questa realtà .
Ho provato a chiedere di andare in bagno , magari interrompendo per un minuto l’ossigeno, non è possibile. Allora portandomi dietro una bombola portatile . Mi hanno risposto che l’ossigeno non si può interrompere e la bombola portatile non va bene perché i volumi di ossigeno che avevo nel naso erano troppi e che naturalmente era impossibile ridurli anche solo per un minuto . I protocolli vietano ogni interpretazione dei regolamenti terapeutici. Comunque solo un medico potrebbe interpretarli prendendosi la responsabilità , cosa che non farebbe mai, è troppo pericoloso, e comunque in questo momento non c’è bla bla bla . Impossibile .
Ho detto loro che io mi assumevo la responsabilità……Mi hanno guardato sorridendo come si guarda un povero deficente e mi hanno detto su via ..non fare così…
Quando entri nella fabbrica della cura il tuo corpo non è più tuo, lo hai consegnato alla scienza in persona e ti verrà eventualmente restituito con le dimissioni, che tu sia cosciente o no.
La tua sofferenza non è tua neanche quella e ridicolizzarti e infantilizzarti è la via più breve per farti stare zitto e appunto ridurti allo stato di inerme e passivo “ paziente” .
Un infermiere tutto raggiante di orgogliosa gioia mi comunica che non c’è problema , c’è la
“comoda” . La che ??? La comoda cazzo , una super poltrona su rotelle che immediatamente mi portano in camera . L’ospedale al suo interno è bianco,grigio,celestino o verdolino al massimo ma la comoda è Viola , aerodinamica spaziale , superaccessoriata , ergonomica e con le maniglie e i braccioli alzabili ed un bello schienale anatomico di aspetto futurista . Sembra il sedile di un’astronave . Unica nota un po’ inquietante : il piano della seduta ha nel centro un grande foro e sotto vi è incastrata una padella cilindrica rivestita da un pannolone . Ecco a voi cari pazienti… pronta all’uso….dai facci pure un giro !!!
Scendo dal letto , mi “siedo” , faccio finta che sia tutto regolare e con un po’ di concentrazione e molto sforzo…. La !!! Ooooohh ! Ho deposto!!
Mi viene in mente un film dove c’è un tipo esce dal bagno, allarga le braccia e dice ad alta voce : “si sta sempre meglio dopo una bella cacata….” E’ proprio vero !!
Passano alcuni minuti e dopo un altro po’ che stavo comodo sulla comoda con il mio prodotto ormai separato dal mio corpo mi sono pulito e sono ritornato nel letto .
Impossibile rimanere oltre in quella situazione . La presenza della merda fresca con quello che esprime a livello olfattivo , in camera , accanto al letto non è una cosa usuale . Meno male che
l ‘altro letto della camera è vuoto al momento e mi posso evitare questa situazione resa ancora più singolare da condividere con uno sfortunato compagno di stanza .
Chiamo un aiuto e aspetto .
Una interminabile mezz’ora con la mia merda li presente , ad un metro da me , mi ha fatto sperimentare nuove suggestioni, questa presenza mi ha imposto delle riflessioni con lei e su di lei . E’ comunque roba mia dopotutto e che problema sarà mai ?
Però una volta espulsa dal corpo qualcosa cambia nel nostro rapporto . Ogni animale , compreso noi, considera il momento dell’espulsione dei propri escrementi , specie quelli solidi , come un momento di debolezza , un momento in cui si è come più vulnerabili . Penso sia un qualcosa che ha a che vedere con l’ancestrale equilibrio fra predatori e prede . Una traccia evidente e molto odorosa del nostro interno . I predatori a volte la usano per marcare il loro territorio di caccia ma in ogni caso il preciso momento dell’espulsione necessita sempre di una attenzione particolare. Una pratica da sbrigare in velocità , allontanarsi e possibilmente nascondere , tipico il verso ormai meccanico di tentare di coprirla .
Probabilmente è solo per questo che abbiamo trasformato questo imprescindibile e a modo suo gioioso atto vitale in qualcosa di cui occuparsene in privato sviluppando una cultura della riservatezza e della vergogna al suo riguardo . Il problema dell’igiene arriva successivamente con il nostro concentrarsi in spazi ristretti .
Il fatto di vivere in agglomerati urbani che si sviluppano in verticale stratificandoci su più piani ci ha costretto a cacare nell’acqua utilizzando un sistema semplice e geniale di sifone (wc) con il quale ci sbarazziamo velocemente dalla vista e dall’odore dei nostri escrementi . Normalmente questi poi si sciolgono in acqua (ahimè spesso potabile ) per facilitare il loro trasporto e il loro allontanamento da noi attraverso la rete fognaria . Si dice il progresso cazzo .
Si dice anche che l’essere umano abbia guadagnato in minor diffusione di malattie infettive e generalmente in salute da questo geniale sistema di tubi e di dislivelli e probabilmente , anzi sicuramente è vero . Tuttavia questa pratica ci ha allontanato dal vero problema che sta a monte di tutto ciò e che consiste nello sbagliato modo che abbiamo di distribuirci sul territorio . Un modo che ci fa fabbricare questi enormi termitai , chiamarli città e viverci dentro .
Se fossimo distribuiti nell’ambiente in modo meno concentrato ed avessimo a disposizione di ognuno della terra invece che del cemento e dell’asfalto anche il rapporto con i nostri escrementi cambierebbe sostanzialmente .
Ho avuto modo di frequentare e di vedere in pratica , provando personalmente, come una gestione delle nostre merde con dei bagni a secco ed il relativo compostaggio (utilissimo anche dopo per la vitalità del terreno dove si coltiva il nostro cibo) avrebbe la sua importante utilità sociale ed ecologica . Non inquineremmo miliardi di metri cubi di acqua pulita che hanno la sfortuna di passarci vicino , otterremmo della preziosa sostanza organica da restituire alla terra e saremmo meno invadenti con la natura e di conseguenza più equilibrati anche emotivamente .
Ma ecco il finale della storia :
Finalmente arriva il soccorso che avevo chiamato con il pulsante dell’emergenza ……
Toglie la merda dalla padella della comoda , l’avvolge nel pannolone e la butta nel cestino dei rifiuti presente nella stanza . Ma , ma, che cazzo faiiii??? dico e continuo incredulo ad osservare , possibile che finisca così ?
Tranquillo adesso sistemo tutto , ma prima devo finire un lavoro nella stanza accanto , poi torno .
Ma ?? La mia ex rimane ancora per un’oretta nel cestino dei rifiuti della cameretta , non la vedo e non la sento più , che mi sia abituato ? Bohh .
Il tipo torna , impacchetta il tutto come rifiuti speciali covid nell’apposito sacco rosso e mette un nuovo cestino .
Scrive su un foglio che il paziente 52/A ha evacuato e ….
il grande digestore incassa !